Il linguaggio della Fede oggi

Il Giubileo della Comunicazione che lo scorso fine settimana è stato il primo degli eventi giubilari di questo Anno Santo, ha riunito a Roma decine di migliaia di giornalisti, comunicatori e comunicatrici, operatori del settore, religiosi e laici, che ogni giorno mettono la loro professionalità a servizio della società, e in particolare della Chiesa.

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Nei tanti momenti di riflessione e condivisione la domanda che più ci si è posti è stata “Come comunicare oggi?”, e noi comunicatori che lavoriamo nell’ambito religioso ci siamo soffermati a riflettere in modo specifico su come diffondere la Parola di Dio e condividere la Fede in un mondo pervaso da violenza e distruzione. La Fede oggi parla un linguaggio che deve necessariamente adattarsi ai tempi, pur rimanendo ancorato alla Verità Eterna.

Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione è caratterizzata dall’immediatezza, dalla velocità, dall’iperconnessione e dalla molteplicità di voci; la società è sempre più pluralistica e secolarizzata e in questo contesto, per diffondere la Parola di Dio oggi, è necessario adottare un approccio che tenga conto di queste realtà.

Il linguaggio della Fede non può essere statico o distante ma deve sapersi avvicinare alle persone, parlando una lingua che sia comprensibile e capace di toccare il cuore.

La Fede non può “limitarsi” a esprimersi in modo formale o complesso, ma deve saper parlare un linguaggio semplice, diretto e inclusivo; deve parlare il linguaggio dell’amore, della speranza e della compassione.

Il Santo Padre nel suo Messaggio per la 59ª Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali, reso noto lo scorso 24 gennaio all’inizio del Giubileo del mondo della Comunicazione ci invita a “condividere con mitezza la speranza” per fare in modo che chi ascolta si senta accolto, compreso e possa scoprire o riscoprire la Parola di Dio. Il mondo ha bisogno di una comunicazione che non susciti paura e disperazione ma che alimenti la fiamma della speranza, che faccia sentire che Dio è con ognuno di noi, sempre.

Non dobbiamo dimenticare però che la Fede non è solo proclamazione ma anche ascolto, un ascolto attivo, capace di accogliere le domande, le incertezze, i dubbi esistenziali di coloro che cercano Dio e ai quali possiamo rispondere usando il linguaggio più potente che abbiamo: la testimonianza vera.

Diffondere la Parola di Dio oggi significa vivere una Fede incarnata nel presente, capace di entrare nei meandri della società senza perdere la sua autenticità. La missione è quella di testimoniare che la Parola di Dio è viva, che parla alle sfide moderne e che offre risposte profonde a chi cerca senso e verità.

La Parola prende carne, ha un volto, è una persona, Gesù Cristo. Non sempre riconosciuto, ma non assente. Presente in tutte le altre parole, cerca anch’essa di farsi carne. La Parola cresce e si rivela nel nostro ascolto. Ascoltare significa riconoscere e accogliere, spesso accogliere la sua stranezza e lo straniero, perché la Parola sarà sempre un incontro strano anche quando la desideriamo. Per ascoltare, ricevere, parlare e dare carne alla Parola abbiamo bisogno di uno spazio – libero – per lasciarla venire e “abitare” con noi.

La sfida per tutti noi è la ricettività, l’attesa e l’apertura. Penso che la sfida profonda della comunicazione autentica sia proprio lo spazio affollato del nostro mondo e dei nostri cuori: è come essere sempre in mezzo alla folla, dove tutti sono troppo occupati o preoccupati, troppo spaventati o sospettosi per riconoscere Colui che è in mezzo a noi, Colui che parla il nostro nome e cammina accanto a noi.

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Carla Bellone

Assistant to the Secretary for the Service of Faith

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