To mark the Ignatian Year, Fr General, Arturo Sosa has published a book. A series of conversations with the writer and journalist, Darío Menor,”Walking with Ignatius’. It explores personal aspects of Fr. Sosa’s own pilgrimage as a Jesuit as well as the different themes that touch the life of every pilgrim who, like St Ignatius, is travelling the road that God opens up. “Wallking with Ignatius”, also deals with contemporary questions in the life of the Church and also major problems facing our post-Covid world. Each chapter concludes with points for reflection and materials to share in groups so it is a flexible resource for prayer. Chapter 6, “Showing the Way to God” was the subject of a day of reflection in the community of the curia in Rome. Fr. JoséMª Bernal SJ, offered the following reflection.
Penso che dovrei iniziare chiarendo che non ho intenzione di dare l’introduzione alla preghiera di questo ritiro. L’introduzione è fatta dal P. Generale con il capitolo 6º del libro “In cammino con Ignazio”. L’unica cosa che intendo fare con questa introduzione è evidenziare alcuni temi che possono aiutarci a leggere questo capitolo e metterci in un atteggiamento di preghiera.
Come si può vedere, il tema del capitolo “Mostrare la via verso Dio” è la 1ª Preferenza Apostolica Universale che, come ci ha ricordato il Papa, è il Principio e Fondamento delle altre tre. La ragione è che in questa Preferenza, e quindi nel capitolo, possiamo trovare le radici della nostra spiritualità ignaziana.
In questo capitolo 6º, il Padre Generale inizia sottolineando la convinzione di Ignazio che Dio, che è Parola, è in costante dialogo con gli esseri umani e li invita ad ascoltarlo. Bisogna ricordare che nella Bibbia Dio è sempre fondamentalmente una Voce parlante: parla alla Creazione, parla ad Adamo, ad Abramo, a Mosè, ai profeti, al popolo d’Israele… e nei Vangeli parla a Gesù nel Battesimo e ai discepoli nella Trasfigurazione, ma soprattutto quella Parola si fa carne in Gesù, e pianta la sua tenda tra noi…. Ma Dio non è solo Parola ma anche Amore e, perciò, in tutto ciò che dice, ci invita ad ascoltare una chiamata d’amore, che ci incoraggia a sviluppare la capacità di vivere l’amore in tutti gli aspetti della vita, con l’atteggiamento di solidarietà di aiuto e di servizio, soprattutto nei confronti di coloro che ne hanno più bisogno.
Quindi, noi gesuiti possiamo capire molto bene che il tema di questo capitolo ci colloca nel cuore degli Esercizi, cioè in quel motore che avvia la dinamica in cui Ignazio ci mette, che è il Principio e Fondamento, che proclama che l’essere umano è stato creato per amare e che tutto ciò che è stato creato esiste per aiutarlo ad amare. Questo è l’orizzonte verso il quale la dinamica degli Esercizi ci invita a camminare. E per essere ben orientati verso questo orizzonte, Sant’Ignazio ci presenta, nel quarto giorno della seconda settimana, quello che siamo soliti chiamare la “giornata ignaziana”, con le meditazioni di due bandiere, di tre gruppi di uomini e di tre gradi di umiltà, in cui ci invita a percorrere sul cammino dell’amore (bandiera di Cristo), dell’amore reale (terzo gruppo di uomini), dell’amore reale innamorato (terzo grado di umiltà). E poiché questa chiamata a vivere il vero amore, che è il vero senso della vita, non può essere imposta, il capitolo ci ricorda che è un’offerta che rispetta la libertà, ed è per questo che il titolo della 1ª Preferenza dice “mostrare la via verso Dio”, cioè un’offerta libera di condividere la nostra spiritualità con gli altri.
Ma percorrere questo cammino richiede un discernimento continuo, e anche il discernimento è solo il frutto della libertà. Ecco perché gli Esercizi Spirituali sono necessari come un’autentica “scuola di libertà”, una “pedagogia del discernimento spirituale”, un “allenamento”, perché per poter scegliere bene in ogni momento della nostra vita è necessario liberarci da tutti i condizionamenti e legami (bandiere e gruppi di uomini) che ci impediscono di saper scegliere… E a questo punto è curioso che in un momento specifico del capitolo si ponga l’eterna domanda: Perché gli Esercizi spesso non cambiano davvero la vita delle persone? La risposta è chiara e sincera. Gli Esercizi non sono niente se non sono “fatti”, con tutto il forte significato letterale della parola “fatto”, perché sono un processo in cui bisogna “mettersi in gioco” in modo reale, vitale e integrale. Quindi la domanda deve essere: vogliamo veramente fare gli Esercizi? Siamo disposti a coinvolgerci in loro in modo vitale? Siamo disposti ad essere coinvolti in una vera dinamica di conversione? Come potete vedere, questa è una buona domanda da porsi in questo Anno Ignaziano, e anche in questo ritiro. E questo presuppone la volontà di toglierci il nostro “guscio” difensivo, cioè la volontà di provare a liberarci dalle nostre resistenze e dai nostri meccanismi di difesa. Come possibile sintomo di questa riluttanza a convertirsi, il capitolo suggerisce anche il sospetto di un uso poco abituale dell’“esame ignaziano”, che è invece un vero e proprio allenamento quotidiano alla dinamica del discernimento spirituale.
È anche illuminante nel capitolo, parlando della società secolarizzata, essere consapevoli del pericolo di identificare la fede con la religione, cioè di enfatizzare l’importanza delle dottrine, dei riti e delle norme, senza verificare se sono legati alla vita reale. Possiamo essere chiari su questo teoricamente, ma qui potremmo anche “esaminarci ignazianamente” se le nostre pratiche religiose ci coinvolgono nella nostra vita e nella vita delle persone. È stato molto illuminante per me quando ho scoperto che nei Vangeli, e specialmente nelle lettere di San Paolo, se sostituiamo la parola “fede” con la parola “amore” ogni volta che appare, comprendiamo molto meglio il significato del testo. Quindi, “mostrare la via verso Dio” non è solo “parlare” nelle omelie, nelle catechesi, nell’accompagnamento spirituale, nel dare gli Esercizi, ma è soprattutto “vivere” uno stile di vita, lo stile di vita di Gesù, in cui posso diffondere l’amore, perché lo vivo. È vivere e percorrere il cammino dell’amore reale innamorato, perché solo così posso mostrarlo e diffonderlo.
Ma, anche se non dobbiamo identificare la fede con la religione, non dobbiamo nemmeno opporre l’una all’altra, perché la fede ha bisogno della religione, anche se dovrà sempre esaminarla e correggerla. Come in tante questioni della vita reale, la maturità consiste nell’accettare la realtà, ma non nel conformarsi ad essa. Quindi, in relazione a questo, un altro eterno dibattito è quello di chiarire il tipico conflitto di credere in Dio e rifiutare la Chiesa, che è anche sollevato nel capitolo. La fede, come il carisma, come la profezia, è un’esperienza che avrà sempre bisogno di organizzazione, strutture, istituzioni, perché non rimanga uno splendore che illumina per un momento ma si spegne per sempre. Per questo gli Esercizi aiutano a dare risposte reali alle chiamate dello Spirito, risposte che si incarnano nella realtà limitata della persona e della sua vita. Perciò dobbiamo vivere l’esigente dinamica della conversione nella realtà imperfetta e limitata di ognuno di noi, nella realtà imperfetta e limitata della comunità, nella realtà imperfetta e limitata della Compagnia, nella realtà imperfetta e limitata della Chiesa. Siamo tutti vasi di creta, ma tutti abbiamo dentro di noi un tesoro.
Infine, per “mostrare la via verso Dio”, in questo capitolo non poteva mancare il tema della preghiera, ma non come fine della vita spirituale, bensì come mezzo, il cui scopo è mettere Cristo al centro della nostra vita, ringraziarlo per la sua presenza e il suo amore, per ascoltarlo e rispondere alle sue chiamate, per saper discernere la sua volontà e metterla in pratica, per amarlo e seguirlo di più, per vedere nuove tutte le cose in Lui.
E concludo evidenziando il concetto di orizzonte, con cui ho iniziato, parlando del Principio e Fondamento. Credo che spesso, a causa del nostro perfezionismo volontaristico, consideriamo i nostri scopi e ideali di vita come mete che dobbiamo raggiungere con i nostri sforzi, mentre la saggezza biblica, e anche quella ignaziana, considera gli ideali come orizzonti verso cui camminare, come doni che dobbiamo chiedere e per i quali dobbiamo prepararci per poterli ricevere. La famosa frase dello scrittore uruguaiano Eduardo Galdeano sull’utopia esprime molto bene ciò che voglio dire: “l’utopia è all’orizzonte. Faccio due passi e si allontana di due passi. Faccio dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Non importa quanto lontano io cammini, l’utopia non la raggiungerò mai. Allora a cosa serve l’utopia? Ecco a cosa serve, serve per camminare”. Nella vita spirituale non si tratta di raggiungere una meta, ma di non stancarsi di camminare verso l’orizzonte.
Nei punti per la preghiera, alla fine del capitolo, vengono proposti tre testi biblici: Ef 6,10-18: Il Signore vi rafforzi con il vigore della sua potenza, con l’armatura di Dio e la preghiera; Fil 3,7-16: Considero tutto come spazzatura in confronto a Cristo; 1 Gv 2,16-17: il “mondo” passa e così la sua avidità. Questi testi, e le domande che seguono, possono aiutarci a esaminare l’esperienza della nostra spiritualità ignaziana: Come viviamo il nostro rapporto con il Signore? Come è la nostra disponibilità e libertà davanti alle sue chiamate e verso dove ci portano? Per condividere nei gruppi le luci e gli inviti che abbiamo potuto sentire nella nostra preghiera, il capitolo suggerisce il metodo della conversazione spirituale, la cui spiegazione è alla fine del libro (la pagina corrispondente è indicata).
La Preferenza “Indicare il cammino verso Dio” ci motiva e ci guida a rinnovare e rivitalizzare in noi le radici della nostra spiritualità ignaziana, perché solo dal vivere concretamente la nostra vocazione e missione possiamo mostrare e trasmettere agli altri il “tesoro” che portiamo nei nostri “vasi di creta”: la gioia del Vangelo nell’incontro con Gesù, Via, Verità e Vita.